In copertina foto di Masseria Rifisa (Tutti i diritti riservati)

A cura di Cosimo Liguori
Con la preziosa collaborazione di papà Uccio.

Foto di Masseria Rifisa

Comu se semana (Il semenzaio)

Si prepara la ruddhra: rettangolo di terreno all’uopo preparato dove i semi di tabacco si trasformano in piccole piante che verranno in seguito trapiantate nel terreno preposto alla sua coltivazione. Si preparano, come detto, dei rettangoli di terreno utilizzando la zappa per renderlo soffice e dunque la ruddhra viene successivamente masciata (appianata) con il rastrello mentre con un piccolo asse di legno si creano dei bordi lungo tutto il perimetro; si crea un soffice letto di rumatu (letame ovvero concime organico di natura animale/umana) e a questo punto i semi di tabacco mischiati con della cenere – per fare in modo che i piccoli semi possano essere visti – vengono gettati al suolo e non interrati, dato che la loro germinazione è attivata dalla luce solare, con movimenti del braccio tali da compiere degli archi di cerchio, semanare (seminare); successivamente si annaffia abbondantemente utilizzando la n’dacquarora (innaffiatoio), operazione necessaria per dar modo ai semi di affondare nel rumato in modo che non diventino preda delle formiche. Di tanto in tanto il contadino provvede ad estirpare le erbe che andranno ad attecchire, cosicché i semi di tabacco possano piano piano germogliare e trasformarsi in piccole piantine. Tale attività viene effettuata in tardo inverno, ragion per cui si provvede a dotare la ruddhra di un’intelaiatura ad arco fatta di tondini di ferro sulla quale viene posato un telo di plastica; il tutto serve a far sì che i semi, e successivamente le piantine, possano germogliare e crescere al riparo dalle gelate notturne tipiche della stagione.

Comu se chianta (l’arte del piantare)

Quando le piantine del semenzaio sono pronte per essere trapiantate nel terreno da coltivare a tabacco, vengono estirpate dalla radice e raccolte all’interno delle cascette (piccole casse di legno) coperte con della tela juta e annaffiate leggermente operazione, questa, necessaria per impedirne il deperimento della radice; successivamente le cascette vengono trasportate presso il campo da coltivare.
La preparazione del terreno che accoglierà le piantine così trattate avviene tracciando i surchi (lunghi solchi nel terreno) con la sarchiarura (piccola zappa rettangolare). In questi lunghi solchi i contadini depositeranno le piantine ad una distanza di 15/20 centimetri circa e successivamente, utilizzando lu palu (punteruolo a forma di “elle” arrotondata con la punta rivestita di una lamina di ferro/zinco), vengono piantate in terra avendo cura di chiudere il foro necessario ad accogliere la piantina.

Comu se coje (la raccolta)

Solitamente occorrono 4/5 cicli di raccolta per pulire interamente la pianta che una volta fiorita muore. Questi cicli di raccolta vengono denominati in sequenza, “frunzone”, “seconda”, “terza”, “quarta” e in fine “sprucatura”/”puntarola”. La raccolta veniva eseguita manualmente iniziando dal frunzone, foglie che nascono per prime e quindi, essendo la pianta molto piccola, queste foglie si trovano a stretto contatto con il terreno; durante questa fase l’operatore/trice assume la posizione dello “scudrubbatu” ovvero piegato in due sulla schiena: vi lascio immaginare quanto è comoda tale posizione per gli operatori. Poi, con il passare dei giorni, si procede con la raccolta delle foglie che si trovano più in alto lungo lo stelo della pianta: la “seconda”, “terza”, “quarta” e in fine “sprucatura”/”puntarola” che, essendo nate successivamente al frunzone, sulla pianta occupano una posizione più agevole per chi le deve raccogliere. Fra una raccolta e l’altra trascorrono circa sei/sette giorni. La raccolta delle foglie della pianta del tabacco, rese molto appiccicose dalla presenza di resina, è preferibile eseguirla già nelle prime ore del giorno (le due/tre di notte), quando l’umidità notturna le rende più umide e trattabili, e smettere non appena si alza il sole all’orizzonte per evitare che questa sua peculiarità si accentui rendendo difficile la raccolta. Ogni operatore/trice raccogliendo le foglie dallo stelo con la mano destra le sistema tra il braccio sinistro e il petto e quindi le depone nella caniscia (contenitore in vimini) per poi con i più svariati mezzi di trasporto portarle a casa in un locale adibito all’occorrenza dove si procede con la successiva fase: lanfilatura. Lanfilatura consiste nell’infilare le foglie te tabbaccu, con l’ausilio te la cuceddhra (lungo ago di acciaio con la parte anteriore appuntita e l’estremità posteriore che finisce con la cruna; è lunga 30/40 cm. circa), lungo un filo di spago posto nella cruna e legato; ha una lunghezza di 100/120 cm. e, una volta riempito, formerà la corda te tabbaccu che viene stesa su lu tiralettu (telaio in legno composto da due fasce laterali montate su quattro piedi ripieghevoli) tra due chiodini fissati superiormente sulle fasce laterali. Questi verranno lasciati al sole per alcune settimane fino a quando le corde te tabbaccu non essiccano completamente.

Comu se sicca (l’essiccazione)

Questa operazione consiste nel portare alla completa essiccazione tutte le corde te tabbaccu stese su lu tiralettu. Operazione molto complessa questa, nella considerazione che se il tempo, nell’accezione meteorologica, “se minte allu bbruttu ttocca cù fusci cu copri i tiraletti cu le mante” (“si mette a piovere devi correre per coprire il tabacco con dei teli di plastica”) in modo che “lu tabbaccu nù sé mmuddhrava” (non si bagnava) altrimenti bagnandosi ammuffiva e non era più commerciabile. Un tempo molti coltivatori lavoravano il tabacco in paese e i tiraletti venivano posizionati per strada sui marciapiedi e perfino obliqui sui muri, sottasusu, capisotta (sottosopra, testa in giù) e, a seconda della posizione del sole, dovevi spostarli in modo da farli stare continuamente di fronte ad esso: si intuisce quanto laboriosa fosse l’operazione di essiccazione. A completamento dell’operazione di essiccazione le corde vengono sganciate dalla loro sede e legate, nella parte superiore e inferiore, tra loro in numero variabile tra 10/12 a formare lu chiuppu. I chiuppi (sorta di collana oblunga) vengono realizzati in ore mattutine ed in giorni particolarmente umidi, questo perché le corde possano essere toccate senza sbriciolarsi (se nò se fasciane a fracchiame). I chiuppi, abitualmente, vengono conservati in locali all’uopo destinati, appesi al soffitto servendosi del crocchiu (sorta di piccolo uncino di filo di ferro, della lunghezza di 7/8 cm. a forma di “esse”) e lì lasciati sino al momento te la cunsegna alla manifattura te lu tabbacu (locale utilizzato dai grandi commercianti di tabacco per stivare temporaneamente il tabacco comprato dagli agricoltori).

Comu se cunsegna (la consegna)

Se ‘zziccava te lu mese te nuvembre e se scia a ‘nanzi finu all’urtime te lu mese te febbraju (si iniziava dal mese di novembre e si andava avanti sino alla fine del mese di febbraio) consegnando, alla manifattura te lu tabbaccu, le casce chine te tabbaccu (casse di tabacco). Grandi contenitori in fasce di legno rivestiti internamente con della tela juta dove i contadini deponevano i chiuppi prelevati dal soffitto del locale dove si tenevano depositati. Questa attività veniva svolta sempre di mattino presto avendo cura di scegliere le giornate più umide sempre per la stessa ragione: evitare che il tabacco si frantumasse. Per concludere arrivava il giorno in cui il contadino si recava presso la manifattura con il prezioso e sudato carico di tabacco , fiducioso, di riuscire a ottenere il prezzo migliore possibile – perché questo avveniva dopo una lunga contrattazione con il mediatore – e poter così tornare dalla sua famiglia con un cospicuo gruzzoletto di denaro che gli consentiva di trascorrere con i suoi cari un Santo Natale o al più tardi una Santa Pasqua.


Articolo di Cosimo Liguori. Con la preziosa collaborazione di papà Uccio.


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