di Renata Amoroso
“Mi chiamo Mary Katherine Blackwood. Ho diciott’anni e vivo con mia sorella Constance. Ho sempre pensato che con un pizzico di fortuna potevo nascere lupo mannaro, perché ho il medio e l’anulare della stessa lunghezza, ma mi sono dovuta accontentare. Detesto lavarmi, e i cani, e il rumore. Le mie passioni sono mia sorella Constance, Riccardo Cuor di Leone e l’Amanita phalloides, il fungo mortale. Gli altri membri della famiglia sono tutti morti.”
Che la protagonista di questo romanzo sia un po’ singolare lo si capisce già dalle prime righe del libro. L’incipit trasporta il lettore nel bel mezzo dello strano mondo di Mary Katherine Blackwwod. Lei vive insieme allo zio invalido e alla sorella che li accudisce entrambi occupandosi della casa e della cucina. Gli altri membri della famiglia sono tutti morti avvelenati sei anni prima in circostanze ignote. I tre superstiti vivono appartati nel loro grande e sontuoso palazzo insieme al gatto Jonas. Restano accuratamente al riparo dal resto della gente del paese che li disprezza e li guarda con sospetto.
La storia è sempre in bilico tra il mondo etereo di Merricat e l’abisso che si lascia intravedere.
Più volte ho aggrottato la fronte durante la lettura perché non credevo ai miei occhi. Shirley Jackson ha la capacità di raccontare l’orrore senza quasi mai nominarlo. La scrittrice si spinge oltre il limite della mente umana, scandagliando la parte oscura che vive in ognuno di noi e può emergere in qualsiasi momento e a qualsiasi prezzo. Si può letteralmente definire una storia di ordinaria follia.
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Voto* Typewriter & Co: 8
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