di Renata Amoroso

Valeria è una donna della classe media, madre, moglie e impiegata in un ufficio che vive durante gli anni ’50 in Italia. Tutto ha inizio quando compra un quaderno dove inizia ad annotare i fatti che le accadono. Fino ad allora non era mai stata consapevole di quanto le stesse stretta la sua vita, intrappolata nel ruolo che la società le aveva imposto. Scrivendo il quaderno, Valeria riflette sui suoi sentimenti, su quello che vuole davvero e su quanto sia stata ingabbiata in credenze e convenzioni.

La nota positiva del libro è la potenza della scrittura. Soltanto scrivendo la protagonista riesce a comprendere davvero chi è e i suoi desideri. La scrittura permette di rivivere dei momenti a freddo, riflettendoci e notando particolari che ci erano sfuggiti. Per questo induce a riflessioni meno immediate, più profonde e ci spinge ad andare a fondo nel nostro essere per comprendere noi stessi e quante cose facciamo ogni giorno meccanicamente.

Nell’andirivieni della monotona vita quotidiana c’è poco spazio per la riflessione e per le domande, uno spazio che Valeria trova nella pagina bianca. Ne è spaventata e per questo si divide tra la voglia di continuare a scrivere e la volontà di disfarsene per paura di essere scoperta.

Lascia un po’ interdetti il finale, ma bisogna fare i conti con il fatto che non sempre il personaggio fa le scelte che ci aspettiamo. Questo rende ancora più verosimile il personaggio di Valeria.

Siamo sempre inclini a dimenticare ciò che abbiamo detto o fatto nel passato, anche per non avere il tremendo obbligo di rimanervi fedeli. Mi pare che altrimenti tutti dovremmo scoprirci pieni di errori, e, soprattutto, di contraddizioni, tra quello che ci siamo proposti di fare e quello che abbiamo fatto, tra quello che avremmo desiderato di essere e quello che ci siamo accontentati di essere in realtà“.

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Voto* Typewriter & Co: 7


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