Il rapporto Mueller è un documento stilato e pubblicato a conclusione dell’indagine del procuratore speciale Robert Mueller sulle presunte interferenze della Russia nella campagna elettorale statunitense del 2016 (altresì noto come Russiagate), le presunte complicità del comitato elettorale di Donald Trump e i presunti tentativi del presidente Trump di ostacolare la giustizia.
Il rapporto in breve
Il documento, la cui lunghezza complessiva supera le 400 pagine, è stato diffuso in maniera non integrale con alcuni punti coperte con delle pecette per tutelare le indagini ancora in corso e la privacy di alcuni diretti interessati. Esso tocca una molteplice varietà di temi, traendo conclusioni più o meno esaustive su argomenti di importanza nazionale e mondiale come ad esempio l’interferenza russa nella campagna presidenziale statunitense del 2016, i numerosi e reiterati tentativi da parte di Donald Trump di ostacolare la giustizia e altri comportamenti di dubbia moralità che lo stesso ha tenuto nel corso del tempo al fine di rafforzare la propria posizione, utilizzando la sua influenza in quanto presidente. E’ bene precisare comunque, che il documento si limita a mostrare i fatti in maniera analitica e oggettiva, sulla base di quanto raccolto nel tempo dagli investigatori, lasciando quindi al Congresso l’onere di giudicare colpevole o meno il diretto interessato.
I punti fondamentali del documento
Un articolo del New York Times, scritto a quattro mani da Matt Apuzzo e Adam Goldman, ha sintetizzato in sette semplici punti l’enorme mole di materiale presente nel rapporto:
1) Trump provò ad ostacolare l’indagine dell’FBI, ma il suo staff si rifiutò. Nel documento sono elencate decine di occasioni in cui il presidente cercò di ostacolare l’indagine di Robert Mueller, tutte le volte però si scontrò con il proprio staff che rifiutò di eseguire gli ordini. «I tentativi del presidente di influenzare l’indagine per lo più non ebbero successo, ma in buona parte perché le persone che circondavano il presidente si rifiutarono di eseguire gli ordini o di acconsentire alle sue richieste».
2) Tante bugie, tante versioni dei fatti. Il numero di bugie dette da Donald Trump durante il periodo delle indagini supera di gran lunga quello ipotizzato inizialmente. Uno dei casi più emblematici si verificò quando Trump dopo aver fatto licenziare Comey chiese a Rod J. Rosenstein di assumersene la colpa, incontrando però il netto rifiuto di quest’ultimo. Questo è solo uno dei tanti casi in cui Trump cercò di coprire le proprie colpe con delle menzogne.
3) Fake news? Non proprio. Nel corso dei due anni passati dall’inizio dell’indagine, Trump ha accusato più volte i media di voler minare il proprio lavoro alla presidenza della nazione riportando false notizie. Tuttavia il rapporto ha evidenziato come in realtà la maggior parte dei racconti giornalistici e televisivi fossero accurati e dicessero il vero.
4) Nessun intralcio alla giustizia? Non proprio. Trump, tramite i suoi profili social e non, ha dichiarato più volte di non aver commesso alcun intralcio alla giustizia e che il rapporto di fatto lo assolve da tale accusa. In realtà il documento non esclude in maniera definitiva la volontà del presidente di intralciare la giustizia, semplicemente lascia al congresso la libertà di giudicare nel bene o nel male il comportamento del tycoon. Non lo giudica colpevole ma non lo assolve nemmeno.
5) Dopotutto Trump aveva ragione a non voler essere interrogato dall’FBI. Il presidente ha più volte affermato di voler testimoniare davanti alla squadra di Mueller, ma che i suoi avvocati glielo impedivano per le tante questioni irrisolte e dichiarazioni contraddittorie che sarebbero potute venir fuori. Inoltre dal rapporto si evince come il procuratore speciale fosse preoccupato che il tutto potesse far rallentare le indagini e ha quindi deciso di non richiedere un mandato di comparizione a Trump.
6) Non ci sono evidenti prove di cospirazioni, ma molte ragioni per cui indagare a fondo. Legalmente non basta dimostrare che le due parti (Russia e comitato elettorale di Trump) fossero in contatto per parlare di cospirazione, servirebbe una prova che il tutto fosse stato coordinato per costituire reato. Tecnicamente quindi, è un cavillo ad assolvere Trump. Il documento è pieno di riferimenti ai rapporti del comitato con la Russia, come ad esempio la storia di un giovane membro dello staff, George Papadopoulos, che rivelò che la sua squadra era a conoscenza del fatto che la Russia avesse sottratto migliaia di email di Hillary Clinton potenzialmente compromettenti.
7) La massiccia copertura mediatica ha “favorito” Donald Trump. L’articolo del New York Times si conclude affermando che se il rapporto fosse stato rivelato tutto di colpo, molto probabilmente avrebbe avuto un impatto “devastante” per il presidente. Diversamente, invece, l’opinione pubblica lo ha recepito a piccole pillole nel tempo, grazie alla copertura che i media hanno riservato (giustamente) alla storia e questo ha conferito al rapporto un potere meno esplosivo nelle menti dei cittadini.
Conclusioni
E’ importante infine precisare che gli investigatori hanno condotto l’indagine consci dell’impossibilità di seguire una procedura normale per l’accusa formale, infatti secondo fonti legali e costituzionali il presidente non può essere semplicemente incriminato (poiché sarebbe una violazione della separazione tra poteri) di conseguenza hanno dovuto “adottare un approccio che non potesse potenzialmente condurre alla conclusione che il presidente avesse commesso un reato” sperando comunque di suscitare un forte interesse mediatico per il caso. La parte in cui gli investigatori esplicitano questa loro “strategia” è forse il passaggio più delicato dell’intero rapporto. Gli stessi aggiungono che “se dopo la nostra attenta analisi dei fatti fossimo convinti che il presidente non abbia ostacolato la giustizia, lo diremmo. Sulla base dei fatti e delle leggi, non possiamo arrivare a questa conclusione. Di conseguenza, per quanto questo rapporto non concluda che il presidente ha commesso un reato, non lo esonera nemmeno”.
Il documento si conclude facendo notare come solo il Congresso abbia il potere di incriminare il presidente evocando quindi, in maniera piuttosto evidente, la messa in stato d’accusa dello stesso, comunemente nota come impeachment.
Clicca qui per consultare la versione integrale del rapporto. (Fonte: Sean O’Key, CNN)
Articolo di Cristian A. Liguori | Revisione testuale a cura di Renata Amoroso e Sharon Liguori
Fonti e sitografia
Cosa c’è nel rapporto Mueller (Il Post) | 7 cose dal “rapporto Mueller” (Il Post) | The Mueller Report Is 448 Pages Long. You Need to Know These 7 Key Things. (The New York Times) | Il dossier di Mueller: “Nessuna collusione con la Russia”. Trump esulta: “Fallito un colpo illegale” (La Stampa)
Foto di copertina di Win McNamee/Getty Images
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