di Renata Amoroso

Pereira è un giornalista della pagina culturale del Lisboa e nell’agosto del 1938 incontra un uomo che lo spingerà a un profondo cambiamento interiore. Quest’uomo si chiama Monteiro Rossi ed è un dissidente del regime di Salazar. La sua vicinanza spingerà il cardiopatico e metodico Pereira verso uno slancio rivoluzionario e coraggioso.

Il romanzo è scritto in terza persona, come se fosse una relazione di polizia o di tribunale che racconta le vicende cui prese parte Pereira. La prima edizione del romanzo aveva infatti come sottotitolo “Una testimonianza”, poi eliminato nelle edizioni successive. Per questo motivo viene ripetuto in modo ridondante sostiene Pereira, ripetizione che può sembrare ad alcuni lettori anche un po’ eccessiva e monotona, ma che è pregna di significato se pensiamo che Tabucchi al posto di utilizzare il verbo dire ha preferito usare il verbo sostenere che in qualche modo deresponsabilizza il narratore dalle scelte sovversive e pericolose del protagonista. Sappiamo però che anche Tabucchi ha confessato di avere esagerato un po’ con i sostiene Pereira e ne avrebbe volentieri eliminato qualcuno con il senno di poi.

Si può definire il romanzo un inno alla libertà, dedicato soprattutto alle nuove generazioni, le quali hanno il dovere di ricordare sempre che la libertà va sostenuta, che può essere persa facilmente e che per questo è necessario restare sempre in guardia. Non è facile comprendere il valore della libertà finché non la si perde in prima persona o non la si vede piano piano spegnersi intorno a noi (come è accaduto a Pereira).

Tutto il libro è intriso di nostalgia e sentimentalismo. Pereira ha perso la moglie e con la sua foto parla spesso, ci sono parti del romanzo in cui si concede delle coccole (una limonata, un’omelette, un bagno…) in cui emerge l’istinto di sopravvivenza di Pereira, che si aggrappa a questi rituali come se fossero l’unica cosa in grado di essere comandata, l’unica cosa che resta. Questo ci fa capire come la sua vita si trovi in realtà nel mezzo di due dittature, quella politica di Salazar e quella personale del lutto. Entrambe le dittature tolgono al protagonista il senso del futuro, solo l’incontro con Monteiro Rossi e la sua fidanzata Marta lo spingono ad agire. Egli prova un istinto paterno per il ragazzo, gli ricorda fortemente il sé giovane, potrebbe essere il figlio che non ha mai avuto e per questo decide di aiutarlo, all’inizio con riluttanza e senso di colpa, dopo con forza e convinzione. L’incontro è fatidico per svincolare il suo nuovo io egemone, Pereira viene a conoscenza della teoria delle confederazione delle anime grazie al dottor Cardoso, un medico della clinica talassoterapica presso cui è in cura. Secondo questa teoria ogni persona possiede una confederazione di anime dominate però da una sola. Può accadere però che una di queste anime prenda il sopravvento e diventi un nuovo io egemone dando vita a un profondo cambiamento interiore. In questo senso si può definire Sostiene Pereira un romanzo di formazione. Anche se il protagonista è già adulto, si trova nel bel mezzo di mutamento che lo porterà a cambiare il suo modo di essere e di pensare. All’inizio del romanzo il protagonista non ha una forte individualità, questa si forma e si fortifica durante il percorso.

Lo stile narrativo è talmente limpido, chiaro e pulito da rendere il personaggio reale, tridimensionale. Ci si affeziona a Pereira, si ha paura per lui, si ha pena per lui e si tifa per lui. Quando beve la sua limonata si ha sete, quando la gocciolina di sudore gli bagna la schiena si prova caldo e paura, quando passeggia per le strade di Lisbona sedendosi ai tavolini dei bar si ha voglia di stare lì con lui in quella città ardente e secca. È per questo che sfogliando l’ultima pagina si viene invasi da una profonda nostalgia per lui e allo stesso tempo da un forte senso di speranza. Speriamo che abbia trovato la tanto amata e sospirata libertà.

Entrò nell’acqua con calma, piano piano, lasciando che il fresco lo abbracciasse lentamente. Poi, quando l’acqua gli arrivò all’ombelico, si tuffò e si mise a nuotare un crawl lento e misurato. uotò a lungo, fino alle boe. Quando abbracciò la boa di salvataggio sentì che aveva il fiatone e che il suo cuore batteva all’impazzata. Sono matto, pensò, non nuoto da una vita e mi butto in acqua così, come uno sportivo.Si riposò attaccato alla boa, poi si mise a fare il morticino. Il cielo sopra i suoi occhi era di un azzurro feroce“.

Recensione liberamente tratta dall’incontro del gruppo di lettura “100 classici di nuova generazione” presso la Feltrinelli di Bari, a cura di Ilenia Caito, @lalibraiamisteriosa.

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Voto* Typewriter & Co: 10


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